sabato 12 dicembre 2009

Celli e la logica di Gagliano

Il pezzo proposto da Celli è scritto secondo la “Logica di Gagliano”, dal nome del paese raccontato da Levi nel suo libro.
La Logica di Gagliano è la logica adottata da una classe dirigente fortemente fallimentare, quando questa desidera bloccare sul nascere ogni possibilità di cambiamento.
Essa si basa su tre principi:
a) bisogna eliminare i concorrenti diretti. ossia coloro che operano al di fuori del sistema di potere consolidato (che Celli ha descritto perfettamente, fra l’altro). Questi sono le persone, giovani e meno giovani, ancora capaci e desiderosi di fare. Per essi bisogna rendere chiaro che non esistono prospettive a operare nel loro paese, e che devono allontanarsi il più rapidamente possibile.
b) bisogna gettere nella disperazione o nell’indifferenza la grande massa di tutti gli altri, in particolare da coloro che non sono ancora integrati nel sistema (e che quindi non hanno un reale interesse al cambiamento) ma non hanno la forza di potersi spostare dal proprio paese. Se infatti il fenomeno proposto da Celli avvenisse su larga scala questo sarebbe un vero problema, e creerebbe allora gravissime ripercussioni economiche; tuttavia, poichè la frazione di coloro che si spostano è piccola, quelli che restano devono percepire il cambiamneto come possibile. Nella Logica di Gagliano, l’unico cambiamento possibile è personale, ed è dato dal cambiare paese.
c) bisogna rendere la classe dirigente qualcosa di amorfo e indistinguibile. La classe dirigente non va chiaramente identificata, al fine di renderne impossibile la sua immediata sostituzione con personaggi più meritevoli o meno squalificati; la valutazione della classe dirigente viene fatta al ribasso nel suo complesso. Al massimo viene definito un “noi” a cui un membro della classe dirigente riconosce di appartenere, ma manca qualsiasi valutazione di merito rispetto al singolo appartenente.

Il pezzo di Celli risponde pienamente ai tre criteri identificati.

Anzitutto, va notato l’artificio retorico di rivolgersi al proprio figlio in pubblico: ovviamente l’autore non si sta rivolgendo al proprio figlio, ma a tutti quelli che si identificano nella descrizione che da del proprio figlio: bravo, impegnato, ambizioso, desideroso di ottenere riconoscimenti per quello che ha fatto e quello che sa. A questi l’autore dice “andate via, qui non c’è nulla per voi”. Questo è il primo elemento.

Il secondo è rivolto a tutti gli altri. Come detto in precedenza, bisogna dare l’idea che tutto il paese è immerso nella stessa melma, e che i pochi che non sono immersi sono coloro che sono stati raccomandati o si sono affiliati a questo o quel gruppo di potere. Per citare il pezzo: “Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio”. Non ci sono eccellenze, persone per bene che lavorano e producono e fanno bene il loro lavoro. Deve essere così, perchè se ci fossero differenze causate dal merito e non dall’affiliazione politica, la Logica di Gagliano crollerebbe, e con essa crollerebbe la classe dirigente che la impone. Se io domani scopro che all’Università X le persone vengono valutate per il merito, io posso aver voglia di andare all’Università Y e dirgli “fate come l’Università X, che è in Italia come voi”. Posso diventare attivo per il cambiamento.

Il terzo aspetto è legato all’identificazione della classe dirigente. “Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito. ” Da un lato l’autore si riconosce come parte di questa classe dirigente, e riconosce di aver fallito. Ma, siccome come dice l’autore “Questo è un Paese in cui nessuno sembra destinato a pagare per gli errori fatti”, anche l’autore non paga. Pur essendo un uomo di evidente potere (membro dei CDA di grandissime aziende, direttore della LUISS) ed avendo fallito nel cambiamento del paese, non ritiene utile dimettersi. E’ il terzo principio della Logica di Gagliano: le classi dirigenti lamentano la decadenza del loro paese, ma evitano accuratamente di farsi da parte e cedere il posto ad altri.