domenica 29 agosto 2010

L'Ultima Generazione

Qualche giorno fa ho avuto una discussione con un collega a proposito di un articolo apparso su “La Stampa”, in cui veniva raccontata la vicenda di una persona di 28 anni che viveva con 14 euro al giorno.

Io criticavo in modo piuttosto feroce il caso raccontato: si parla di una persona figlio di artigiani, che ha deciso dopo il diploma di continuare gli studi, scegliendo Filosofia. Dopo la laurea in Filosofia ha scoperto che non c’erano molti posti per laureati come lui, e aveva deciso di riprendere gli studi, e ha deciso di dedicarsi a Psicologia. Nel frattempo ha rifiutato un posto ben pagato da barista, a quanto racconta.

Perchè sono così critico? Perchè in entrambi i casi la scelta è fatta seguendo semplicemente le proprie inclinazioni personali, e non la realtà del mondo circostante. Noi prendiamo una laurea per imparare cose utili, che ci permettano di partecipare alla società civile di cui siamo parte; e questo vuol dire che sono gli altri anzitutto, e non noi stessi, a stabilire cosa è utile, e cosa non lo è. E il modo in cui gli altri lo stabiliscono è sempre il solito: sono disposti a darci dei soldi per quello che sappiamo fare.

Quello che ho detto sopra non è la descrizione di una ipotetica società da me idealizzata: è la società in cui viviamo tutti i giorni. Protestare che questo “non è giusto”, sostenere che questo “non permette alle persone di seguire le proprie aspirazioni” e altre affermazioni del genere è solo un inutile dispendio di energie. La società la fuori – ossia tutte le altre persone che la compongono insieme a noi – non sono interessati a queste affermazioni; o meglio, lo sono in via di principio, il che vuol dire che lo sono finchè non devono decidere dove devono mettere davvero i loro soldi. Quando si tratterà di aprire il portafoglio sceglieranno SEMPRE quello che LORO ritengono più utile.

Una persona che a diciotto anni decida di prendere una laurea sta prendendo un grossissimo rischio: sta scomettendo che il tempo che perderà per conseguire il suo titolo di studio gli permetterà di trovare un lavoro migliore e meglio pagato; dovrebbe quindi avere un’idea di quali sono gli sbocchi occupazionali, le aree di crescita e quelle da evitare come la peste. Se non sa bene cosa scegliere, sarebbe bene che evitasse di scegliere a caso, e possibilmente si trovasse rapidamente un lavoro; almeno vedrebbe le cose da dentro, e potrebbe fare una scelta un minimo più ragionata.

Scegliere Filosofia come laurea per trovare il lavoro è semplicemente folle: i settori che assorbivano maggiormente questo tipo di laureati sono la scuola e l’università, ed entrambi sono da anni a corto di soldi; scegliere poi Psicologia è anche più scellerato: si calcola che a breve avremo CENTOMILA psicologi, uno ogni seicento abitanti. Non c’è nessuna possibilità di assorbire centomila psicologi e farli lavorare; si tratta, e mi spiace per loro perchè sono persone giovani che meriterebbero di meglio, di carne da call center.

Il mio collega riteneva che la mia critica fosse troppo feroce: in fondo, sosteneva, parliamo di “ragazzi di ventotto anni”.

Le parole però hanno un significato, e a ventotto anni uno ha smesso di avere il diritto di essere un ragazzo da un pezzo: secondo la Costituzione Italiana, da circa dieci anni. La Costituzione Italiana ci dice infatti che, con il compimento del diciottesimo anno, noi diventiamo cittadini a tutti gli effetti: possiamo sposarci, fare figli, eleggere i nostri rappresentanti e così via; nessuno ci deve spiegare come andare e cosa fare, per la nostra Costituzione noi abbiamo il diritto e il dovere di essere responsabili di noi stessi.

Abbiamo smarrito questo concetto, e il ragazzo da 14 euro al giorno è il risultato di questo smarrimento: un ragazzo che può pensare di prendere due lauree completamente inutili, rifiutare un lavoro ben pagato, farsi tenere agli studi dai propri genitori e pensare di non stare facendo niente di sbagliato; anzi pensare che è il mondo fuori che è “sbagliato”, a non dare un’opportunità anche a lui.

Questa generazione è stata chiamata “generazione boomerang”, ma io credo che sarà chiamata l’Ultima Generazione: l’Ultima Generazione a poter andare all’Università semplicemente per seguire una propria passione. Ossia, l’Ultima Generazione di ragazzi di 28 anni, da 14 euro al giorno.

giovedì 19 agosto 2010

Piccola guida al perfetto sovversivo

La morte di Cossiga ha portato nuovamente alla ribalta tutta la spazzatura relativa ai “misteri d’Italia”. Se come me avete sui quarant’anni e siete abituati a leggere giornali, saprete che uno dei più battuti è quello relativo alla loggia massonica P2 di Licio Gelli.

Negli anni, a partire da quando è stata scoperta e per tutti i trent’anni successivi, la P2 è stata il prezzemolo di ogni inchiesta italiana: da Ustica all’Italicus, da Bologna a Piazza Fontana, non c’è stata strage in cui la P2 non sia stata ritenuta o indicata come coinvolta.

Apparentemente, la P2 era una potentissima organizzazione segreta interessata a garantire che il PCI non prendesse mai il potere e che possibilmente l’Italia facesse una svolta di tipo autoritario. Da molti è stata ritenuta l’artefice della cosiddetta “Strategia della Tensione”, e comunque questa è la vulgata consolidata fra i militanti di centrosinistra.

Ora, se questo era lo scopo della P2, devo dire che il responsabile della sua organizzazione meritava di essere preso a calci nel culo. Come forse saprete, la P2 fu scoperta in seguito al ritrovamento di documenti relativi ad essa, in particolare l’elenco dei suoi membri. Il che, come organizzazione segreta, la rende estremamente anomala. Per un’organizzazione segreta E sovversiva, il problema principale è garantire la propria segretezza e la resistenza a tradimenti: è impensabile che un traditore possa far saltare l’intera organizzazione. Difatti, normalmente strutture del genere vengono realizzate con strutture compartimentali – tipicamente secondo il meccanismo delle cellule – e ciascuna persona dell’organizzazione sa solo quello di cui ha bisogno, con l’esclusione di pochissime persone ai vertici.

L’esistenza di una LISTA di nominativi, di una TESSERA di iscrizione con un numero progressivo sopra è chiaramente qualcosa che esula completamente da questo schema. Nessuna organizzazione che agisca contro lo stato può pensare di funzionare così: il rischio di traditori sarebbe immenso; organizzazioni criminali come la mafia ovviamente non hanno nessun elenco di affiliati – al massimo documenti contabili, in cui i nomi tipicamente sono scritti in codice.

Inoltre, se lo scopo era la sovversione, perché essa non è indicata esplicitamente nel famoso Piano Rinascita? Dichiarare di voler cambiare la Costituzione non è, di per se, sovversione: esistono precise procedure, e alcune sono state perfino usate durante la storia repubblicana. Manca inoltre nel Piano qualsiasi aspetto di natura violenta, come l’eliminazione degli avversari o il loro imprigionamento; cosa piuttosto singolare, considerato che il documento non era pubblicamente disponibile – in altre parole, non doveva far apparire l’organizzazione in una luce positiva, visto che era ad uso interno.

La P2 può essere stata una pericolosissima organizzazione segreta sovversiva, ma NON era organizzata come tale; non era organizzata come un’organizzazione segreta sovversiva, e non aveva la sovversione violenta fra i suoi scopi dichiarati ai propri membri.

mercoledì 18 agosto 2010

"mi diedero tre pecore da pascolare"

Una delle cose più care che possiedo è la biografia del mio nonno paterno. E’ la storia di un contadino, nato in una famiglia poverissima dell’Abruzzo nell’Italia dell’inizio del Novecento. Lo tengo molto caro, perchè mi aiuta a ricordare.

Di quel racconto ci sono pezzi che ho sempre trovato straordinari, come l’inizio di tutto il racconto: “quando cominciai a capire qualcosa, mi diedero tre pecore da pascolare; quando capii qualcosa di più, me ne diedero cinque.”

Racconta che quando lui era nato suo padre, il mio bisnonno, era andato a chiedere granone da germogliare in prestito al signorotto del paese, e quello gli aveva risposto sprezzante “Tu fai figli e vuoi che io te li campi?”

Racconta che aveva potuto studiare solo fino alla quinta elementare, e che aveva dovuto piangere per ogni quaderno che gli era stato comprato dal padre.

Racconta che quando era giovane aveva fatto il minatore, entrando in miniera prima dell’alba e uscendo al buio. E racconta di come fosse felice allora, perchè almeno riusciva a mangiare tutti i giorni.

Questa era l’Italia contadina dell’inizio del novecento, per la stragrande maggioranza degli italiani. Non era un’Italia pura, limpida, onesta; era un’Italia povera, miserabile, dove un signorotto di paese poteva riderti in faccia quando chiedevi in prestito un po’ di granone.

Da questa Italia noi ci siamo allontanati un po’, ed è interessante capire come abbiamo fatto.

Cosa ci permette di non mandare i nostri figli a lavorare a tre anni? Le leggi? No, non sono le leggi. Su un manuale di diritto stava scritto, nella prima pagina, che il diritto non può imporre un comportamento che è già largamente accettato. I bambini non lavorano più non perchè è proibito, ma perchè non serve più: i genitori ormai guadagnano abbastanza da garantire un reddito dignitoso, senza la necessità di integrarlo con i lavoro dei bambini.

Perchè i signorotti di paese non dispongono più della vita dei nostri figli? Li abbiamo resi più onesti? Abbiamo imposto delle leggi che lo facessero? Ancora, no. Semplicemente non c’è più bisogno di chiedere loro il grano per sfamarci, perchè la nostra produttività è sufficiente a garantirci il cibo di cui abbiamo bisogno.

Perchè infine i nostri figli possono studiare? Per legge, ancora? No, ancora non è questo. Le leggi non possono cambiare il mondo, le leggi CERTIFICANO che il mondo è cambiato. E’ semplicemente successo che i quaderni costassero poco rispetto al nostro reddito. Tutto qua.

Tutte le volte che sento dire che l’Italia è un paese destinato alla decadenza perchè non investe nella cultura mi viene sempre da immaginarmi quel ragazzino di tre anni, che forse assomigliava un po’ a mio figlio, e che andava in giro per le colline abbruzzesi con tre pecore.

No, signori uomini di cultura. Le cose importanti non sono quelle che voi nominate con la pancia piena, senza pensieri per il vostro futuro e senza conoscenza del nostro passato. Voi credete che il mondo sia sempre uguale a se stesso, che se oggi siamo tutti a discettare del nuovo modello di iPhone lo faremo anche fra dieci o cento anni. Ma cento anni fa – non duemila anni fa – un ragazzino doveva augurarsi di fare il minatore, per essere sicuro di non morire di fame, e sperare di non morire sepolto dentro una miniera di carbone.

Cosa farà questo paese per i prossimi cento anni, per garantire che mio figlio e tutti i ragazzi come lui non debbano andare a pascere pecore a tre anni e a lavorare in miniera a quindici? Non lo sapete? Non ne avete idea? Esatto. QUESTO è il problema che voi rappresentate.

Siete i custodi del sapere, ma non avete nessuna idea di come utilizzarlo.

lunedì 16 agosto 2010

Ma che te rode?

Una mia amica ha avuto la voglia di leggersi i miei post, e dopo la lettura, mi ha trasmesso alcune impressioni; le avevo promesso una risposta articolata (ossia, chilometrica), che riporto qui di seguito.

E’ però necessaria una premessa, che spieghi perchè io scrivo i post.

Per me, scrivere è un modo per levarmi cose dalla testa, semplicemente: io faccio automaticamente riflessioni su quello che vedo, e queste riflessioni tendono a ronzarmi nel cranio per giorni. Scrivere un post è un meccanismo comodo e semplice per levare dalla testa questo pattume, e potermi occupare in modo più concentrato di cose che mi interessano davvero, perchè magari aiutano me, la mia famiglia o le persone che mi sono care.

In questo senso, io non cerco di convincere nessuno di quello che dico: se sostengo che il partito X è governato da un gruppo di idioti e che dovrebbe sparire dal parlamento, non mi aspetto che i suoi elettori cessino di votarlo. NON sto cercando di cambiare il mondo, anche perchè cambiarlo da un blog è una tesi talmente cretina che non merita neppure di essere confutata.

Per lo stesso motivo, io scrivo piuttosto rapidamente: questo NON è un articolo per Foreign Policy, è un post su un blog scritto in dieci minuti. Quindi posso anche dire cose interessanti, ma non ho il tempo e le energie per preparare un corposo saggio su un qualsiasi argomento che non riguardi il mio lavoro.

Ora, veniamo alle obiezioni.

La prima obiezione che la mia amica mi fa è di essere troppo sarcastico, tagliente e velenoso, laddove lei preferirebbe un approccio più orientato al dialogo e al rispetto dell’altrui posizione.

Dal mio punto di vista ci sono due tipi di questioni su cui discutere:

a) la fisica di un sistema;

b) le opinioni politiche.

La fisica di un sistema è quello che è il suo comportamento osservato: se volete, sono le “leggi” che lo regolano, e che noi deduciamo attraverso l’osservazione empirica. Un esempio di queste leggi è la fisica propriamente detta, che è appunto basata su osservazioni e leggi empiriche dedotte attraverso un processo razionale; un altro esempio sono le leggi politiche descritte da Macchiavelli nel suo Principe.

La fisica di un sistema è al di fuori del controllo dell’osservatore, e delle sue preferenze: se un palazzo crollando uccide un neonato, la cosa non ci piace, ma non possiamo “modificare” la fisica del sistema perchè non ci piace il risultato prodotto: dobbiamo lavorare all’interno di tale fisica e di tali leggi per ottenere il risultato che vogliamo – nel nostro caso, garantire la statica dei palazzi che costruiamo.

Inoltre la fisica di un sistema è decidibile: possiamo verificare empiricamente se un certo sistema ha una certa fisica oppure no, ossia se obbedisce a certe leggi oppure no. Ovviamente la scienza politica e la statica hanno gradi di approssimazione diversi, ma non sono soggetti a un consenso per essere veri: un muro instabile tende a crollare, anche se tutti gli ingegneri votano che resterà in piedi, e un bene scarso tenderà ad aumentare di prezzo quando aumenta la domanda, indipendentemente da quello che ne pensano gli economisti.

Dalla parte opposta ci sono le opinioni politiche, per esempio, se sia meglio fare la facciata di un palazzo rossa oppure gialla. Qui non abbiamo criteri per stabilire cosa sia “meglio” o “peggio”, non c’è nessun calcolo da fare; in questo caso si mette la cosa ai voti, e decide semplicemente la maggioranza, anche se ha deciso per una facciata viola a pallini gialli.

In democrazia noi mettiamo ai voti tutto quello che non riguarda la fisica del sistema: non è un voto che deve decidere quanto fare alto un argine, o quanto grano ammassare per l’inverno: abbiamo modelli che ci permettono di deciderlo in modo piuttosto preciso. E’ invece un fatto da decidere a maggioranza quando fare le feste e quante feste fare, quanto lavorare e così via.

Quello su cui io sono ferocemente sarcastico è la tendenza a trasformare pezzi della fisica del sistema in opinioni politiche: ossia accreditare l’idea che affermazioni chiaramente in contrasto con la fisica, l’economia, la storia e la logica debbano essere rispettabili in quanto opinioni lecite. Con questo criterio possiamo mettere ai voti quanto deve essere alto un argine, quando cemento mettere in un pilastro, quanta energia ci serve e così via. Il risultato di questo approccio è tipicamente un disastro sul medio termine: siccome non possiamo andare contro la fisica del sistema, prima o poi questa ci ritorna addosso e ci fa fare la figura degli inetti. Per fare un esempio pratico, se decido di non costruire centrali nucleari E sono un paese privo di risorse energetiche, finirò con l’importare moltissima energia da altri paesi, compresa energia elettrica prodotta da energia nucleare in centrali vicini al mio paese.

Il che ci porta a un secondo gruppo di obiezioni: quelle relative alla democrazia. In uno dei miei post sostenevo che un politico deve ascoltare le richieste dei propri elettori, e agire di conseguenza; nel caso specifico l’affermazione era su occuparsi dei bambini soggetti a molestie in famiglia, rispetto a quelli aggrediti in luoghi pubblici. La mia amica obiettava che un politico dovrebbe occuparsi di entrambe le questioni, perchè ovviamente non esistono bambini peggiori degli altri.

L’obiezione è comprensibile, ma è sbagliata. In una democrazia un politico è eletto per fare le cose che gli elettori vogliono che faccia – indipendentemente da quello che dice il politico o l’elettore. Questo perchè il politico ha la fonte del proprio potere nel consenso che è in grado di raccogliere a ogni successiva elezione. Se io voglio che il politico si occupi dei bambini molestati in famiglia, io non devo convincere il politico, devo convincere i suoi elettori. In una democrazia, NESSUN problema che non sia chiaramente espresso e richiesto da un gruppo ragionevolmente ampio di elettori e che non comprometta la stabilità immediata del sistema stesso sarà perseguito da un qualsiasi politico.

La Lega, per fare un esempio, raccoglie un enorme consenso su aspetti che altri partiti – in particolare di sinistra hanno per anni negato che fossero problemi: l’integrazione degli immigrati e la sicurezza, tanto per fare due esempi pratici. Alla fine gli elettori di sinistra hanno smesso di votare per certi partiti, e ne hanno cominciato a votare altri che li stavano a sentire.

Per fare un esempio speculare, se consideriamo la situazione dei braccianti immigrati del Sud, vediamo esattamente lo stesso comportamento: siccome nessun politico è interessato davvero al problema (intendo che ritiene di poter ottenere consenso significativo su questo) semplicemente nessuno si occupa delle condizioni di persone chiaramente esposte a condizioni di vita semischiavistiche, laddove nelle stesse regioni ci si dispera perchè ad alcuni lavoratori è stato chiesto di non ammalarsi in modo eccessivo.

Questa è la fisica del sistema chiamata “democrazia”. Almeno così l’ho capita io.

domenica 15 agosto 2010

La sorveglianza della Banca d'Italia

Se siete giovani e ingenui, o anche se siete vecchi e ingenui, potete leggere il risultato della visita ispettiva della Banca d’Italia al Credito Cooperativo di Firenze, già diretto dall’attuale coordinatore del PdL Verdini, e giocare a indignarvi.

Che indecenza! Che cose mostruose! Crediti dati in modo arbitratio a persone non affidabili! Conflitti di interessi! Che mondo signora, che gente!

Se invece siete come me, guardate a queste cose e vi viene da sorridere: si tratta, generalmente, di cose che avvengono tutte ex post, quando la Banca d’Italia deve mettere una pezza al fatto di non aver visto niente.

Vediamo un po’ due episodi.

Il primo è il Crack Parmalat, dove una società di rilevanza internazionale riuscì a truffare migliaia di risparmiatori. Ora, vorrei ricordare che la Parmalat era enormemente esposta verso le grandi banche italiane (e straniere, ma non è importante); che i suoi bilanci, come ebbe a dire l’amministratore staordianrio Enrico Bondi, erano palesemente falsi e truccati; e che si stava parlando di esposizioni per MILIARDI di euro, non per qualche centinaia di migliaia di euro. La Banca d’Italia aveva i mezzi per conoscere queste cose – e se non li ha, francamente non si capisce la sua utilità. Semplicemente non era interessante accorgersene.

Il secondo riguarda Pisa e la vicenda della Cassa di Risparmio di Pisa. Diciamo che la Cassa, dietro la guida di Fiorani, cominciò una serie di operazioni “azzardate”, tipo prelevare forzatamente soldi da tutti i correntisti, oppure offrire prestiti a imprenditori in difficoltà per comprare azioni del proprio aumento di capitale. Di tutto questo – e di molto altro, che evito di raccontare per non prendermi querele – la Banca d’Italia non si accorse, anzi: vorrei ricordare le telefonate di Antonio Fazio, allora governatore della Banca d’Italia, per congratularsi con Fiorani alla sua scalata all’Antonveneta, eccetera eccetera eccetera.

La mia personale conclusione è che vedere il mondo bancario in generale, e la Banca d’Italia in particolare come un’isola felice di buon governo e di legalità è semplicemente illusorio. E’ un potere che sta in Italia, e gioca al gioco di tutti i poteri che stanno in Italia.

Ah sì: se qualcuno cita Ciampi, lo invito a rileggersi “Un eroe borghese” di Corrado Stajano. Tanto per non fare finta che le persone nascano a settant’anni e non abbiano un passato.

venerdì 13 agosto 2010

Tutti a lucidare il piatto d'argento.

La cosa buffa è che tutti parlano di come, e nessuno parla del cosa. La storia insegna che il cosa è sempre vincente sul come, perchè il come è, alla fine della festa, solo un modo di aumentare il valore del cosa. Fra una merda su un piatto d'argento e un cosciotto di maiale cotto su uno spiedo di legno voi cosa preferite? Appunto.

Stiamo andando verso le elezioni politiche, e i nostri ineffabili uomini politici (soprattutto i "nuovi") si ammazzano a discutere del "come": ci vogliono le primarie, ci vogliono le alleanze con l'IDV, con questo, con quello, eccetera. Tutti a lucidare il piatto d'argento.

Poi vi stupirete quando un fine intellettuale della vanga come Borghezio vi batterà con il suo spiedo di legno. Che inciviltà. Che degrado. Che decadenza.

Signori, ho una bruttissima notizia: dovete ricominciare a parlare di politica, ossia di COSE che riguardano il paese nel suo complesso. Dovete cominciare a parlare di COSA il paese produrrà per garantire il benessere dei propri cittadini, non di COME dividersi i soldi che magicamente dovrebbero comparire nei bilanci dello stato.

Dovete ricominciare a parlare di politica estera, non perchè è un argomento affascinante, ma perchè è in base a quella che potrete fare una politica commerciale. Volete vendere ai paesi arabi e africani? Allora DOVETE avere rapporti con loro; altrimenti ci andranno altri - cinesi tanto per cominciare.

Dovete ricominciare a parlare di industria, di fabbriche, di linee di produzione. Sì, è vero, una fabbrica chimica fa molto schifo e inquina anche, ma cosa pensate di vendere agli altri paesi? Salsicce? Davvero credete che bastino due salsicce per reggere un paese moderno, per garantire la sanità e l'istruzione a tutti i cittadini?

Dovete ricominciare a parlare perfino di difesa: credete davvero che i paesi arabi e africani accetteranno in eterno di avere un reddito che è una frazione di quello europeo? Oppure sperate che, in fondo, alla fine verranno gli odiatissimi americani a difenderci?

Signori, delle primarie sinceramente me ne sbatto. Se mi proponete un gruppo di candidati inguardabili, io semplicemente voto il vostro avversario; siete VOI che volete essere la classe dirigente, siete VOI che dovete scegliere e presentare gli uomini.

Preparate un programma decente, preparate una squadra di persone ragionevolmente credibile e FORSE manderete Borghezio a tornare a insegnare alla libera università della vanga.

giovedì 12 agosto 2010

Non è questo il problema

Se, come me, parlate spesso con politici di sinistra, vi sarà capitato di esporre loro un qualche vostro problema, e di aver sentito la loro risposta classica: “non è questo il problema”.

Per esempio, magari siete una donna, andate a spiegargli che vi sentite insicure ad andare in giro di notte per la città da sole, e vi sentite rispondere “Non è questo il problema: il 73,21% delle violenze contro le donne avviene in famiglia”. - Il politico di sinistra ha sempre una statistica da tirar fuori, anche se è incapace di fare una somma e una divisione.

Oppure, siete preoccupati perchè avete sentito che ci sono pedofili che hanno molestato bambini in un parco, e la risposta è “Non è questo il problema: l’82,12% degli abusi sui bambini è fatto da parenti.”

E così via. Se siete come me, prima o poi vi stufate di queste risposte, che denotano in generale supponenza e nello specifico ignoranza.

Se io sono un cittadino e vado da un politico a dirgli “ho un problema”, il politico NON PUO’ rispondere “non è questo il problema”. Un cittadino sa perfettamente qual è il suo problema, visto che ci sbatte la faccia tutti i giorni, e l’ultima cosa che vuole sentire è un politico idiota che tira fuori una statistica fatta a baccello per sostenere una tesi insostenibile.

Il politico non deve discutere il problema, deve proporre la soluzione. E la soluzione si caratterizza come “soluzione” e non come “minchiata pensata sul momento” grazie al fatto che il problema sparisce. Ripeto: una soluzione prevede che il problema per cui è stata pensato venga risolto e sparisca; altrimenti non è una soluzione.

Poi, sarebbe anche ora che qualcuno spiegasse ai politici che una statistica serve a capire dove sono i problemi, non a giocare con le parole. Mettere insieme – ad esempio – un’aggressione in strada e una violenza domestica è, statisticamente parlando, l’equivalente di sommare pere e zucchine.

Per esempio, io non sono preoccupato dei dati sulle violenze domestiche contro i bambini, perchè conosco tutte le persone che sono vicine a mio figlio e so che tipo di persone sono. E’ un fatto che posso tenere personalmente sotto controllo, su cui posso essere parte attiva. Mentre sono molto preoccupato di sentire che un pedofilo da fastidio a un bambino nel parco: lì non posso esserci sempre, e quindi è lì che chiedo al politico una soluzione.

La prossima volta che parlate con un personaggio impegnato in politica, esponetegli un vostro problema – un problema vero, non una cosa come la guerra nel Darfur o il riscaldamento globale. Ascoltate la risposta che vi da. E’ un ottimo criterio per scegliere chi votare alle prossime elezioni.

mercoledì 11 agosto 2010

Libertà di informazione

Nei paesi civili nessuno potrebbe supporre che giornali democratici, anglosassoni, possano richiedere la censura di notizie.

Queste cose avvengono solo in paesi del terzo mondo come l'Italia.

Se ci credete.......


Altrimenti leggete qui.

In pratica, il Washington Post (non Libero) stanno chiedendo di "segare" Wikileaks e il suo autore, mettendolo sotto processo, perchè mette a rischio le operazioni militari in Afghanistan. Anzi, i Talebani hanno dichiarato che stanno usando i file rilasciati da Wikileaks per scovare e uccidere gli afgani che collaborano con la NATO.

Che risultato fantastico della libertà di informazione.

Comunque, invito tutti i signori che vanno in giro con un post-it addosso a leggersi l'articolo. Potrebbe fargli venire il sano dubbio di essere semplicemente degli idioti, e non difensori della democrazia.

lunedì 9 agosto 2010

Queste cose accadono solo in Italia

Allora, è successa una cosa gravissima.

Il Primo Ministro ha detto che i rom irregolari o che commettono delitti devono essere cacciati dal territorio italiano. In Francia sono preoccupatissimi per l'ondata di rom irregolari che si potrebbero riversare nel paese.

Una cosa che dovrebbe generare l'unanime condanna contro il Primo Ministro dell'Italia, per questo atto chiaramente di stampo razzista, indegno di una destra moderna, civile ed europea.

Tutta la sinistra italiana dovrebbe mobilitarsi.

....

Ci avete creduto? Beh, era QUASI vero.

Ho solo scambiato l'Italia con la Francia.

mercoledì 4 agosto 2010

You know politica estera?

Facciamo un gioco. Domani si va al voto, e il PD si candida per sostituire Berlusconi eccetera eccetera eccetera.

Qualcuno mi racconta per favore qual è il programma di POLITICA ESTERA del PD? A parte, intendo, recuperare tutti i rapporti di qualsiasi organizzazione che dica che l'Italia fa schifo e fare sì con la testa, intendo.

Non si sente UNA parola su che cosa dovrebbe fare l'Italia nel mondo. NON semplicemente in Europa: nel mondo. Per dire, siamo immersi nel mare Mediterraneo e abbiamo di fronte un intero continente (l'Africa) dove va fatto di tutto, e non c'è uno straccio di parola sull'argomento da parte del PD. Questo mentre la Cina si sta insediando stabilmente da quelle parti, fornendo infrastrutture, autoveicoli, eccetera eccetera eccetera.

Manca uno straccio di visione che agganci gli interessi e i vantaggi geografici del paese con una politica estera e di difesa coerente. Dell'Africa si parla solo quando arriva da queste parti - ossia quando si parla di immigrazione - poi il PD sembra completamente dimenticarsene.

La visione di tanti nel centrosinistra è "invadeteci e annetteteci". Passare ad altri l'onere del governo. Ricorrere allo straniero per sconfiggere l'avversario politico locale. Roba che è pure vecchia, ed è stata inventata pure dai preti (chiedere ai Longobardi come è andata la storia).

Poi ti stupisci che vince un ex venditore di tappeti con la mania delle belle donne.